Allora,
se volessimo divertirci a "leggere" Rosanova in questa chiave
potremmo azzardare che l'articolo sull'Autunno in Corsica è un omaggio
all'innocenza perduta, a un'essenzialità di modi, di gesti e di
desideri che fatichiamo a ritrovare. Con la scusa di raccontare un paesaggio
mediterraneo assolutamente unico che raggiunge il massimo splendore quando
altrove tutto si spegne, Guido Giubbini rievoca un turismo ormai perduto
(o quasi) in totale fusione con la natura, ricordo di tante vacanze lontane.
E chi non ha mai visitato la terra corsa come me è tentato di
imbarcarsi al più presto, facendo in modo di andarci solo fuori
stagione.
Restando nel Mediterraneo, approdiamo poi nel Peloponneso con Thanatos
e Agàpe che racconta il convento femminile ortodosso di San Giovanni
Battista a Koròni. Qui l'emozione dominante potrebbe essere la pace
interiore che invade anche i viaggiatori più scettici mentre camminano
tra viti, olivi, mandarini e le cappelle sulle mura medievali del villaggio.
Nonostante i teschi delle monache defunte siano in piena vista, non c'è nessuna
inquietudine perché il silenzio e la vista spettacolare sulle
isole circostanti riempiono di felicità.
La meraviglia dello sguardo non manca neanche nell'articolo su An Cala,
ma qui il termometro emotivo si impenna perché siamo sulla costa
occidentale delle Highlands scozzesi, scenario labirintico, aspro e mutevolissimo.
Nebbie, nuvole, tempeste e raggi di sole si alternano veloci come le
onde che si addentrano nei fiordi. E quando viene citato il Gulf of Corryvreckan,
noto come il Maelstrom scozzese, uno dei tre più grandi del mondo,
torna subito in mente lo straordinario racconto di Edgar Allan Poe, "The
Descent into the Maelstrom", in cui il narratore, un marinaio norvegese,
descrive la discesa nel vortice della marea. Come ad An Cala i colori
contrastanti, le raffiche di vento, la potenza degli elementi creano
un clima di fascinazione terrificante, molto vicino al "terror of
the soul", fine ultimo della scrittura di Poe. Le emozioni si placano
di nuovo quando approdiamo agli articoli su due giardini, uno vicino
a Roma e l'altro nei pressi di Pordenone. Il primo, opera di Gabriella
Recrosio, architetto, evoca leggerezza e rarefazione per la sapiente
fusione di elementi del giardino inglese e di quello orientale. Una perfezione
formale composta attraverso le stesse strutture di alberi, cespugli,
radure, roseti e scorci inattesi. Il secondo, il jardin de charme di
Ivano Rovere ad Arzene, accoglie più di cento palme, insieme a
mirti, banani, capperi e fichi d'India. Sono state acclimatate sfidando
i clima friulano in un mezzo ettaro di terreno che un tempo era solo
orto. Ma non mancano le rose, centinaia, in una grande radura. Poi querce,
cipressi, aceri e magnolie. E presto ci sarà anche "il posto
delle ortensie". La gamma di stati d'animo qui si infittisce, si
complica. Ognuno assapori quello che lo tocca più da vicino. Buon
anno!