di Marta Matteini

 

Rosanova non fa mai distinzioni di genere perché la cura e la passione per un giardino trascendono le categorie. Tuttavia in questo numero mi piace segnalare due sfide che nessuno, o ben pochi, avrebbero creduto possibili, se non fosse stato per due donne, entrambe prive di rudimenti botanici e di esperienza di giardiniere, ma non di amore per la natura. Senza la loro dedizione e la loro caparbietà le loro proprietà non sarebbero mai diventate quello che sono oggi.
Partendo dalla Toscana, Guido Giubbini narra l’evoluzione della proprietà del genero, La Ciancola, che sorge isolata, quasi irraggiungibile, tra il bosco e i campi, dove l’inverno è rigido e la foschia frequente. Quello che non manca, però, è la visuale su tre diverse vallate, un panorama a perdita d’occhio che rende il paesaggio collinare un giardino già di per sé. Sono bastate alcune bordure di arbustive in fiore messe a dimora per le nozze della figlia, a "convertire" la neo sposa Camilla, non avvezza alla vita campestre, al lavoro faticoso del giardiniere, ovvero trapiantare, potare e ricreare di mese in mese le fioriture. Grazie a questa costanza e al rispetto del paesaggio originario, oggi la Ciancola è un podere che fonde in perfetta armonia prati, frutteti, oliveti, vigne e bosco.
Una sfida forse ancora più ardita è stata quella cinquantennale di Maria Gabriella Campo sull’isola di Favignana, nelle Egadi, come racconta Maury Dattilo. A quella latitudine, gli ostacoli da superare erano l’aridità, il sole cocente e la superficie rocciosa delle ex cave di pietra abbandonate. Fu in seguito al matrimonio e al trasferimento sull’isola che questa palermitana, desiderosa di portare colori e profumi dove tutto era brullo e secco, è riuscita in un’impresa impossibile. Oggi Villa Margherita racchiude 20mila metri quadrati di giardino ipogeo e 30mila di giardino botanico distribuito tra grotte e gallerie.
Molto istruttivo è l’articolo di Luciano Bongiorni sulle orchidee spontanee dell’Appennino emiliano. Non si tratta soltanto di un testo di botanica capace di catturare anche il profano perché descrive le tante specie di orchidee con dovizia di particolari e illustra con accenti quasi antropomorfi la fecondazione e le loro strategie di sopravvivenza in condizioni climatiche avverse. L’articolo riflette sul concetto di ecosistema in cui la natura e l’uomo dovrebbero cooperare per raggiungere un equilibrio, cosa che a quanto pare non è accaduto sull'Appennino emiliano dove il crescente numero di ungulati ha creato, e continua a creare, gravi danni all’ambiente e alle popolazioni locali. Si sa che botanici e faunisti non si trovano sempre d’accordo, ma il suo appello per difendere l’ecosistema iniziando dal territorio in cui viviamo è assolutamente condivisibile perché "la vita spontanea è distrutta, calpestata e irrisa" non soltanto nella lontana foresta amazzonica, ma anche intorno a noi.

Sotto: veduta della Val di Sieci.