di Marta Matteini

 

Ci sono numeri di Rosanova che mi accendono ricordi molto cari e questo è uno di quelli. Leggendo l'articolo appassionato di Maria Grazia Toniolo sulla Galizia e sui suoi tesori mi sono tornati in mente tanti racconti di famiglia che si perdono nel tempo, quando ancora piccola sentivo parlare di un un estroso prozio grande viaggiatore che viveva laggiù, i cui disegni a carboncino erano disseminati sulle pareti di casa mia, e delle nozze dei miei genitori proprio a Vigo dove poi restarono alcuni anni, dopo la seconda guerra mondiale. Per gli imperscrutabili disegni del destino, la Galizia fa parte del mio romanzo familiare pur non avendo sangue spagnolo. La sua costa frastagliata, le colline ricoperte di boschi e le rìas (i fiordi) di cui si parla anche nell'articolo qui pubblicato, appaiono in tanti scatti in bianco e nero dei miei album di famiglia e in qualche quadro a olio di mia madre. L'unica volta che visitai quel lembo estremo dell'Europa dove il clima atlantico si fonda con quello mediterraneo dando vita a un ambiente naturale particolarmente rigoglioso, era estate ma il vento era sferzante e il mare sempre troppo freddo. Ricordo i colori, la luce e i sontuosi mercati del pesce. Fu un viaggio a lungo atteso dai miei, desiderosi di rivedere luoghi e amici dopo tanto tempo. L'unica cosa che mi sono persa, data la stagione, sono state le camelie che invece trionfano in tutta la regione a primavera. Soltanto nel Parco di Soutomaior, a Pontevedra, ci sono 400 esemplari centenari: il festival delle camelie che vi si tiene ogni anno meriterebbe un nuovo viaggio!
A ben altra latitudine si trova il giardino della Kolymbethra, racchiuso tra pareti di calcare nel Parco Architettonico e Paesaggistico della Valle dei Templi ad Agrigento. Sofia Varoli Piazza ci racconta la genesi dei templi dell'antica Akragas greca, poi Agrigentum romana e Girgenti arabo-normanna, senza trascurare la ricchezza degli orti, dei vigneti e dei giardini da sempre colmi di agrumi, tanto ammirati anche nel tardo Settecento dai protagonisti del Grand Tour. Il giardino di Kolymbethra, rilevato dal FAI nel 2000, oggi è tornato ad essere come in origine grazie alle testimonianze raccolte in loco e nell'antica peschiera, che raccoglieva l'acqua di fiumi e sorgenti con un sofisticato sistema di cunicoli, regnano olivi, mandorli, gelsi, melograni, fichi d'india e dodici varietà di arance.
Da questo "giardino dell'Eden" siciliano approdiamo poi nello Yunnan meridionale con Guido Giubbini che ci narra le meraviglie del tempio confuciano di Jianshui, fondato nel XIV secolo dalla dinastia Yuan, ma poi rimaneggiato in epoche successive, pur mantenendo un asse visivo centrale e rigorose simmetrie ai lati, tanto da spingere l'autore a chiedersi se il "giardino alla cinese", ritenuto da sempre informale e naturalistico, non abbia invece acquisito, forse grazie ai tanti missionari gesuiti europei presenti in Cina, le caratteristiche dei giardini formali occidentali.

 

Agrigento, il Tempio dei Dioscuri visto dalla Kolymbethra
(foto di Camilla Giubbini)
.