di Marta Matteini


È curioso come nel corso dei secoli i britannici abbiano ripetutamente scelto di trasferirsi dove fosse possibile inventarsi nuove esistenze che si differenziassero da quelle condotte nella madrepatria. Sebbene il Commonwealth fosse nato per esigenze politiche, economiche e commerciali, l'aristocrazia e i capitalisti inglesi hanno sempre avuto un debole per l'esperienza "esotica". Un esempio di questa passione per i climi temperati e le latitudini meno nordiche è stato il progressivo, e costante, appropriarsi di ville storiche e grandi tenute toscane, culminato nel '800 e nel '900. Nell'articolo su Villa Medici a Fiesole, Guido Giubbini traccia un excursus appassionante dei diversi proprietari di quella e di altre ville rinascimentali nell'area fiorentina, quasi tutti inglesi, come pure i garden designer e i paesaggisti che risistemarono parchi e giardini per i loro conterranei. Da Lady Sybil Cuffe a Geoffrey Scott, da Bernard Berenson a Cecil Pinsent, facevano tutti parte della stessa cerchia, accomunati dalla lingua e dal background culturale. Come si legge nell'articolo, nascevano anche sodalizi e legami amorosi perché, a quanto pare, Firenze e dintorni rappresentavano un mondo più autentico e libero, anche da certi codici morali. Le colline fiorentine erano per loro una specie di Arcadia, dove potevano dedicarsi ai piaceri della natura e dei sensi.
Con le dovute differenze, sembrano ricordare un'altra "migrazione" altolocata e colta, quelli che verranno poi identificati come gli expatriates o lost generation: artisti, scrittori, intellettuali inglesi e americani che, negli anni '20 del secolo scorso, si trasferirono a Parigi in quanto cuore pulsante dell'arte e delle avanguardie. In quel caso non c'era il richiamo della terra e della natura, ma si trattava, ancora una volta, di un luogo libero dalle convenzioni, stimolante sotto tutti i punti di vista e molto bohémien. Penso a Gertrude Stein, Scott Fitzgerald, Djuna Barnes, James Joyce e molti altri. Nel suo Festa mobile, pubblicato postumo, Ernest Hemingway descrive bene la vita di quei giorni a Parigi, un turbine di incontri, amori, alcol e serate nei caffè. Un periodo felice e irripetibile. Tornando alla botanica, sempre all'insegna del gusto inglese, l'articolo di Anna Porrati esplora le origini cinesi della Wisteria (o Wistaria), approdata nel Regno Unito agli inizi dell'800, poi diffusasi in tutta Europa. E rivela l'arcano del fusto che cresce in senso orario o antiorario a seconda dell'emisfero in cui si trova.
In terra d'Olanda si colloca, invece, l'elegante Pegasushof, "giardino di Pegaso", che da polder negli anni Cinquanta è stato trasformato, grazie all'approccio naturalistico della Dutch Wave, in un insieme dove regnano "semplicità e composizione".

 

 


Particolare del giardino Pegasushof in Olanda (foto di Rosanna Castrini).