Quante volte è stato detto che i migliori studiosi del Rinascimento italiano sono stati gli inglesi. E che dire di Denis Mack Smith, tra i piu brillanti storici del Risorgimento italiano con la sua Storia d'ltalia 1861-1969, poi aggiornata fino al 1997, che resta un mio riferimento dai tempi dell'esame di maturità. Unica per cupezza e magnificenza è anche la Roma ottocentesca raccontata nei romanzi di Henry James. Evidentemente la distanza culturale e l'effetto di straniamento affinano lo sguardo e i sensi, non provocano soltanto la sindrome di Stendhal. Altro esempio di gratitudine britannica alle nostre latitudini è Villa Hanbury di cui mi restano immagini indelebili fin dalla mia prima visita una quarantina d'anni fa. Chi altri avrebbe avuto l'intuizione e la passione per creare, a fine Ottocento, il giardino botanico a La Mortola, vicino a Ventimiglia, se non un viaggiatore inglese appassionato di botanica come Sir Thomas Hanbury?
Non si tratta di semplice esterofilia. È un dato di fatto che gli anglosassoni, fin dai tempi del Grand Tour, hanno avuto un occhio di riguardo per il nostro patrimonio storico, culturale e naturalistico, che è mancato a noi. Questa passione per il clima italico e le sue bellezze ha determinato anche un interesse "immobiliare" che ha spinto tanti aristocratici, baronetti, capitani d'industria, banchieri, collezionisti e mecenati ad appropriarsi di alcuni angoli pregiati dello Stivale per piacere personale innanzitutto, ma anche per ridare loro una seconda vita e salvarli dal degrado.
Ecco dunque un numero di Rosanova quasi interamente dedicato al ruolo decisivo che alcune grandi famiglie anglosassoni hanno giocato sulle sorti di tanti parchi e proprietà terriere italiane dalla fine dell'Ottocento ad oggi. Gli articoli qui raccolti illustrano, con una scrupolosa ricostruzione cronologica, i vari proprietari che si sono succeduti a Villa La Pergola sulle colline di Alassio, a Villa La Foce in Val d'Orcia, a Villa La Pietra, I Tatti, Villa Le Balze, Villa Capponi e Villa Medici nei dintorni di Firenze o a Villa Reale di Marlia vicino a Lucca. Ovviamente ad ogni proprietà si devono diversi interventi nel verde, che a volte hanno mutato la fisionomia orginale dei siti, altre l'hanno valorizzata. Restano comunque una presenza significativa il cui contributo non può essere ignorato.
Cambiando scenario, approdiamo in Giappone con un articolo sui pini che ci rivela la centralità di questi alberi nelle arti decorative, e non solo, del Sol Levante. Incarnano infatti caratteristiche eccezionali: "persistenza nel verde, longevità, resistenza e adattabilità agli elementi". E, non ultimo, la stessa parola che designa il pino significa anche "attesa", innegabile dote del popolo giapponese. Un bellissimo reportage storico-culturale e botanico di Giulio Veronese dal vivaio di pini di Kurume. Da non perdere.
Buona lettura e buona estate.
I giardini di Suizenji Joiuen, Kumamoto (foto di Giulio Veronese). |