di Marta Matteini

Di solito Rosanova non sceglie gli articoli in base alla stagionalità, tanto è vero che racconta le forme, i colori e i profumi di cui si veste un giardino nell'arco dell'intero anno. Se però l'estate corrisponde a quel tempo felicemente sospeso in cui si spezza la routine (se non per tutti, per la maggior parte di noi), ci si libera dalla fretta e dalle scadenze e si lascia spaziare la mente, allora questo numero non poteva essere più centrato.

Perché il protagonista assoluto è il deserto, da quello iraniano a quello egiziano, fino a quello libico, tra i più affascinanti e più ricchi di reperti. Non c'è luogo più adatto per scoprire la "suspension of disbelief", felicissima espressione coniata da Samuel Taylor Coleridge a inizio Ottocento per incoraggiare il lettore a sospendere il giudizio critico e a lasciarsi trasportare dalla suggestione dell'insieme, che si tratti di una poesia, un quadro o un paesaggio. Nel caso del Sahara, questo effetto è potente e pressoché immediato, come traspare dagli articoli "Alberi del deserto" e "La soglia dell'Eden". L'insolito pellegrinaggio per contemplare da vicino tre alberi millenari venerati come divinità, ha accenti magici e sacri. Mai come qui gli alberi sono celebrati in tutta la loro maestosità e resistenza, testimoni di epoche antichissime, quasi mitiche, quando il clima e la vegetazione erano simili a quelli della savana. E l'incontro con l'arte rupestre, dopo quattro ore di traversata di una distesa rocciosa e nera, è a dir poco emozionante.
Ma oltre a questo affascinante viaggio nel tempo, alle origini stesse dell'umanità, questo numero racchiude un trionfo di fiori. Nell'articolo su Peonieto di Saluzzo, la nota dominante è la flora orientale perché trabocca di glicine, di peonie e di bambù. Un sogno orientale scaturito dall'attento lavoro di Melchiorre Sella, cultore di botanica, alpinista e fotografo. Fortemente italiano ma nel migliore senso del termine, ovvero radicato nella tradizione dell'orto-giardino, è invece il giardino di Rosetta, ad Asti, dove tutto si fonde in un disordine amoroso: rose antiche, insalate, alberi da frutta, giaggioli e iris. Altro luogo che trabocca di fiori è il giardino Viatori, sopra Gorizia, nato solo 30 anni fa in un terreno devastato dai crateri delle bombe dell'ultima guerra. Tra magnolie, ortensie, rododendri e azalee, i sentieri si confondono e i confini spariscono, lasciando corolle e petali a dominare l'insieme. Scendendo in Umbria, si raggiunge poi il giardino di Thomas Reinhardt e Martina Kofoth a Tuoro sul Trasimeno, dove sono coltivate piante di tutto i mondo, scoperte durante i viaggi dell'artista e della paesaggista. In soli quindici anni, questo luogo è diventato un riferimento per la ricerca e la sperimentazione e non a caso fa parte del Circuito Giardini Aperti. Un capolavoro di contrasti cromatici, di foglie e venature che dà il suo meglio da maggio a ottobre. Anche questo, quindi, un altro omaggio all'estate.