di Marta Matteini |
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Raramente si può godere di un autunno così fiorito. Mi riferisco alla profusione di fiori che affolla le pendici e le valli della Georgia, oggetto di due bellissimi reportage in cui emergono anche le delusioni, le scoperte e gli incanti del narratore (Guido Giubbini) mentre si awentura sui passi caucasici in un territorio dawero "lontano". Non tanto per la distanza da noi quanto per l'estensione dello spazio non antropizzato, un susseguirsi di declivi e cime a perdita d'occhio, senza quasi tracce di presenza umana. Si ha l'impressione che in quella porzione di ex Unione Sovietica non esistano confini, nonostante l'autore ci ricordi che la Turchia e la Cecenia sono poco distanti. L'incanto dei rododendri gialli e delle azalee è amplificato dal fatto che si trovano in luoghi remoti, avvolti dalla luce e dal silenzio. Viene da chiedersi quanti georgiani li conoscano davvero e apprezzino quel bene comune che è il paesaggio di una nazione. Troppe volte il patrimonio naturale è dato per scontato, come se potesse autorigenerarsi, anche dopo contaminazioni o saccheggi. Presumo che quelle valli georgiane si manterranno a lungo in quello stato, non fosse altro perché difficili da raggiungere e non ancora preda dell'industria turistica (sebbene vi abbiano già realizzato un resort sciistico), ma che dire della nostra penisola? Quanti infausti esempi possono testimoniare lo scempio o lo stato d'abbandono di coste, fiumi, laghi, pinete e montagne? Nonostante si tratti di beni inalienabili perché proprietà di tutti i cittadini, vengono trattati come "alienabili" e soprattutto commerciabili. Qualcuno ricorderà che nel 2010 è stato isti¬tuito il federalismo demaniale, grazie al quale lo Stato può vendere a Comuni, Province e Regioni una bella fetta di demanio per risanare i propri conti. Lo storico dell'arte e polemista Salvatore Settis, nel saggio "Azione popolare", precisa che, in virtù di quel decreto legislativo, l'Agenzia del demanio aveva persino calcolato il valore delle Dolomiti (intorno agli 8óómila euro) per destinarle "a fondi immobiliari in cui i privati verseranno proprietà di valore 'equivalente' onde assumerne il pieno controllo". Quando Settis riportò questa notizia in un articolo per una testata straniera, ricevette una mail incredula dalla redazione, convinti si trattasse di un refuso! Come dire: può uno Stato mettere in vendita parti di se stesso invece di preservarle? |