di Marta Matteini

Dai cocci di bottiglia sui muri di cinta alle creuze de mâ, i versi di Montale e di De André hanno reso immortali alcuni elementi del paesaggio ligure, anche perché li hanno letti come specchio della natura spigolosa e impervia dei suoi stessi abitanti. Ma pure le celebri fasce con gli olivi e gli oltre centotrenta santuari a mezzacosta dedicati alla Madonna sembrano avere un legame con l'isolamento e il temperamento aspro dei liguri, come si legge nell'articolo sui rapporti tra paesaggio e culto mariano nella Liguria del '600 e del '700.

Fu a cavallo di quei due secoli che, spinte da un'emergenza politica ed economica, le grandi famiglie genovesi cambiarono la fisionomia delle pendici costiere con i terrazzamenti e con una mirabile infilata di nuovi campanili dedicati alla Madonna, da sempre invocata da marinai e navigatori. Quella nuova visuale orizzontale parallela al mare suggeriva continuità e protezione. Dietro a un paesaggio così familiare, si scopre dunque un disegno preciso che, attraverso il culto religioso, la fatica e l'ingegno, ha fatto della Liguria un grande hortus conclusus.
Il tema del luogo chiuso e protetto torna, ancora più prepotente, nell'articolo su Montisela. Non solo perché narra di una piccola montagna in mezzo al lago d'Iseo, ma perché svela le antiche origini della festa di Santa Croce, celebrata da una comunità che, grazie all'isolamento, si salvò dal contagio della peste e del colera. Ecco perché il paese di Carzano, ogni cinque anni per cinque giorni, si riveste completamente di fiori di carta, circa sessantamila, tutti fatti a mano, diventando un variopinto giardino artificiale.
Nell'articolo su il Bodnant Garden, in Galles, si racconta invece l'armoniosa evoluzione di una proprietà in mano alla stessa famiglia da quattro generazioni. Dalla serra di fine ottocento alla vasca degli anni Trenta, dalle sequoie secolari alle rose rampicanti, tutto si fonde in un insieme ben conservato dove i proprietari continuano a vivere in nome di una rispettosa continuità. Ci sono luoghi, invece, che nascono dal nulla e diventano piccoli paradisi nell'arco di neanche trent'anni. E il caso di Villa Landriana a Tor San Lorenzo, un terreno a pascolo con residuati bellici e un casolare in rovina, comprato a un'asta giudiziaria negli anni Cinquanta e oggi uno dei giardini più importanti d'Italia. Anzi, un insieme di giardini, uno concatenato all'altro, in un mosaico di colori e di atmosfere con una ricchezza floreale e botanica non comuni. Si passa dal Giardino grigio a quello dei meli, dal Viale bianco fino Prato blu, in una spettacolare passeggiata dove ogni pianta, ogni bordura e ogni aiuoa ha una storia tutta sua.