di Marta Matteini

Da qualche tempo abbiamo lo sguardo drammaticamente rivolto verso Est, verso l'Ucraina che, secondo lo scrittore Andrej Kurkov autore di Diari ucraini, è un paese non facile da comprendere, a meno che non si tenga conto che quella regione ex sovietica, più grande della Francia, ha dato al mondo due concetti: il masochismo poiché Von Masoch era di origini ucraine, e l'anarchia, in quanto la prima insurrezione di stampo anarchico nel 1917 maturò proprio nei dintorni di Kiev. Come dire, il popolo ucraino ama farsi male da solo e detesta l'autorità. Una nota curiosa che può contenere qualche verità, ma che non rischiara l'orizzonte.
Cieli per nulla minacciosi si trovano invece più a Est, tra il Mar Nero e il Mar Caspio, in una regione montagnosa che sembra sospesa tra gli strascichi dell'ex impero sovietico e le sirene della civiltà globale. Ma la Georgia narrata da Guido Giubbini è soprattutto un trionfo di colori e di profumi, quelli dei fiori che affollano i prati, gli angoli delle strade, i mercati. "Piante e fiori sono tante cose, e non solo giardini, botanica, orti botanici, vivai e simili. Sono cibo, medicina, droghe, profumi, succhi per tingere, ornamento per le chiese, le case e i cimiteri, alberi creature sacre a cui affidare speranze e desideri", scrive l'autore. Alla catena del Caucaso Giubbini dedica poi un intero reportage, in cui descrive le cime vertiginose dello Svaneti, le foreste impenetrabili, la flora con più di 6300 specie endemiche, il cono ghiacciato del vulcano Kazbek che supera i 5000 metri, santuari, villaggi medievali turriti e monasteri arroccati sopra valli incontaminate. Un racconto stupefacente per chi ha familiarità soltanto con il paesaggio alpino.

Si torna oltralpe, nei pressi di Lione, con l'articolo di Anna Porrati su La Bonne Maison di Odille Masquelier che, con le sue 800 varietà, ha la più grande collezione di rose antiche e botaniche di Francia. Una visita volutamente compiuta a metà giugno, in assenza delle fioriture, per potere esaltare altri tesori nascosti della tenuta, diventata residenza di Mme Odille nel 1966, sebbene ci avesse già vissuto da bambina durante la guerra quando la sua famiglia era fuggita dall'Alsazia. Una volta ritornata, la padrona di casa ha dato un'impronta molto "inglese" al giardino, inserendo prati, bordi misti e grandi alberi, ma anche muri a secco, pergole, vasche e spettacolari composizioni cromatiche di peonie e ortensie.

Per chi crede che Parigi non abbia più nulla da svelare, proponiamo l'articolo di Mariangela Barbiero su Le Jardin Atlantique, tre ettari e mezzo di verde sorretti da dodici pilastri, a 18 metri dal suolo, sopra la Gare Montparnasse. Con una prosa ricca di "esprit de finesse", dotte digressioni e suggerimenti pratici rivolti alle amministrazioni nostrane, l'autrice descrive uno dei più straordinari spazi pubblici parigini, creato nel 1994 dagli architetti paesaggisti François Brun e Michel Péna che, con la struttura stessa del giardino, le passerelle e i terrazzamenti in legno, volevano rievocare una nave nell'oceano. E il risultato è sorprendente: fronde di pini nel cuore di Parigi come se si fosse sulla costa atlantica, grandi cubi di pietra nera che spuntano dal manto erboso a ricordare scafi di natanti e graminacee scosse dal vento che si muovono come onde.