di Marta Matteini

Per inaugurare un nuovo anno, per di più bisestile e offuscato da profezie nefaste, Rosanova vi propone un numero che definirei ricco di serendipity. Questa espressione inglese rimanda a una "rosa" di concetti non riassumibili in una parola sola. Alcuni vocabolari la definiscono l'arte di scoprire per caso qualcosa di rilevante. Secondo altri è la capacità di stabilire nessi tra fenomeni che sembrano non averne affatto. Altri ancora la intendono come un misto di sorpresa e folgorazione che sopraggiunge mentre si è intenti a cercare altro, quella che si potrebbe chiamare una felice coincidenza. Se condensiamo queste sfaccettature semantiche in un tutt'uno, ci avviciniamo al senso di serendipity che, per altro, deriva dall'arabo Sarandib, ricavato a sua volta dal sanscrito Simhaladvipa, ovvero "l'isola della tana dei leoni", antico nome di Ceylon, lo Sri Lanka, che si chiamava Serendippo.
Ma dove sta il nesso? Lo rivelò Horace Walpole nel 1754 citando una fiaba persiana i cui protagonisti erano tre principi, figli del re Serendippo, che «scoprivano continuamente, un po' per caso e un po' per sagacia, cose di cui non andavano in cerca». Quello che può capitare anche leggendo questo numero.
Disseminata di piacevoli scoperte, come l'articolo I tre nomi del fieno, su un progetto altoatesino che intende salvaguardare l'antico assetto ambientale basato sull'abbinamento tradizionale di pascolo e di bosco di larici, tipico un tempo di tutto l'arco alpino. Il più emblematico è il Rock Garden di Chandigarh, nell'india settentrionale, creato da Nek Chand che, negli anni Cinquanta del secolo scorso, poco più che ventenne, iniziò a costruire un "regno esotico" con pietre, pezzi di ceramica, acciaio, fili elettrici e calcestruzzo "sottratti" dai cantieri in cui si stavano erigendo gli edifici progettati da Le Corbusier, incaricato di ridisegnare l'assetto urbanistico della città di Chandigarh. Nek Chand ha trasformato materiale di scarto in sculture policrome, piazze, canali e porticati e, superati gli ottant'anni, si occupa ancora di questo work in progress. Che cosa spinge un uomo, o una donna, a dedicarsi a un progetto per decenni, rendendolo un'impresa che ha del memorabile? Forse soltanto una grande passione e un rapporto pacificato con il tempo, due doti indispensabili per poter lasciare qualcosa di rilevante dietro di sé.
Come ricorda William Dalrymple, storico scozzese trapiantato in India da 25 anni, in Nove vite, reportage crudo e toccante sugli asceti dell'india contemporanea. Racconta che, mentre era in cammino verso il tempio himalayano di Kedarnath, una delle dimore del dio Shiva, incontrò un sadhu, i santi itineranti dell'india, che gli disse: "Tutto ciò che nella vita ha veramente valore richiede tempo". Massima che si addice perfettamente anche per un giardino.
Non soltanto il Rock Garden nel lontano Punjab ne è un esempio. Il concetto della sapiente attesa, della dedizione e della perseveranza vale anche per il vivaio La Montà, nel vercellese, che per Susanna Tavallini incarna quasi una scelta esistenziale. La "signora delle peonie", trasferitasi da Torino nella casa di campagna del padre, ha creato un unicum in cui giardino, vivaio e bosco si fondono con armonia naturale. Considera le piante creature da cui è difficile separarsi, e men che meno lo farebbe per realizzare un guadagno.
Anche Mario Mariani, titolare del vivaio Central Park sulle sponde del Ticino, vicino a Novara, si rapporta alle piante come esseri in costante evoluzione. Per fare giardino, sostiene, occorre lavorare con fatica, sperimentare, ma permettendo alle piante di trasformarsi in libertà. Un giardino, a volerlo ascoltare, riserva sempre sorprese. Lo sa bene Roger Phillips, fotografo di piante, autore di numerosi manuali botanici e carteggi sulla vita da giardiniere, che dai primi anni Settanta sovraintende il giardino di Eccleston Square, nel cuore di Londra. Un'isola felice, con un microclima protetto che gli ha consentito di coltivare mimose, feijoe, camelie, viburni e lillà, garantendo fioriture tutto l'anno. Ma il pezzo forte sono le rose, così rigogliose da ricoprire interi alberi. Del resto, sono la sua specialità. In The Quest for the Rose, Roger Phillips narra la storia di oltre mille specie di rose, molte delle quali scoperte in seguito a lunghi e numerosi viaggi in terre lontane. Che sia stato animato anche lui da serendipity?