di Marta Matteini


Anche i meno telematici non possono negare che Internet stia contribuendo in modo sempre più evidente al risveglio di una coscienza sociale e civile, coinvolgendo cittadini di varia estrazione, età e cultura. L'esempio più eclatante sono le recenti rivolte popolari nel Nord Africa, in gran parte coordinate e organizzate via Rete. L'adesione è stata così massiccia da sgretolare, in poche settimane, governi trentennali e liberticidi.
Questa mobilitazione dal basso davvero trasversale funziona anche per battaglie meno epocali, ma altrettanto significative. Un esempio è la storia della High Line di Manhattan, sopraelevata newyorchese degli anni '30, di cui si parla in questo numero. I due artisti ideatori del progetto, Joshua Green e Robert Hammond, nel 1999 hanno creato un'associazione non profit, Friends of the High Line e, anche in questo caso, la forza della Rete si è rivelata determinante.
L'adesione di tante personalità di spicco, oltre che di cittadini comuni, ha fatto sì che nel 2006, dopo 25 anni di totale incuria, la città di New York desse il via ai lavori di riqualificazione di quei 20 chilometri di binari su cui transitavano treni carichi di merci e di bestiame, diretti al Meatpacking District, il quartiere dei vecchi mattatoi, oggi quartiere molto di moda. L'aspetto più affascinante dell'intervento è il giardino pensile, opera di Piet Oudolf, garden designer olandese, che ha rivalutato la varietà delle piante ruderali, arricchendola con nuove specie. Da quei sentieri sopraelevati si ha una prospettiva inedita di Manhattan e di New York.
Un altro progetto di restauro in cui si celebra la "rivincita" della natura è quello del Parco Chigi di Ariccia, nato nel XVII secolo come barco di caccia, che sorge all'interno del Nemus Aricinum, bosco sacro a Diana. Con una vegetazione selvaggia e "non educata", la stessa che aveva fortemente colpito Goethe nel suo Grand Tour, questi 28 ettari dove spiccano sequoie di 30 metri e sopravvivono le tracce di un'uccelliera che sorgeva in un'antica cava di pietra, si distinguono per atmosfera, luci e colori. Come sottolinea l'autore dell'articolo, Virginio Melaranci, la suggestione del Parco Chigi sta nella sua naturalità che il restauro, invece di cancellare o trasformare, ha potenziato con l'introduzione di nuove specie arboree.
Se il giardiniere migliore è colui che unisce passione a conoscenze botaniche, nel rispetto del "genius loci", in questo numero si possono leggere due storie esemplari. La prima è quella del giardino di Daniela Fe d'Ostiani a Sant'Arcangelo di Magione, sulle rive del lago Trasimeno, in cui la proprietaria ha speso anni, impegno ed energia, animata da un incontenibile amore per i fiori. Il risultato è un insieme di stanze a livelli diversi lungo la collina, con tre o quattro fioriture al mese e un giardorto che si presenta come un teatro aperto, con quinte di vasi e siepi, e vista sul lago.
La seconda storia riguarda il giardino del Castello della Galeazza, a Crevalcore, tra Ferrara e Modena. In soli 6 anni un americano appena quarantenne, Clark Lawrence, ha risollevato le sorti di un giardino abbandonato da vent'anni, realizzando il suo sogno, ovvero un Reading Retreat in Rural Italy, che ospita anche eventi sociali e culturali. La passione per il giardino gli è nata proprio prendendosene cura di persona, con lo spirito del farmer americano in piena sintonia con la terra, che per altro non è di sua proprietà. Un punto di forza questo, come emerge dalla corrispondenza di Lawrence con Guido Giubbini. Il segreto di quest'opera di recupero, spiega Lawrence, è che un giardino si cura e si fa prosperare, ma "non si può mai possedere".