rare.
Sono creature che conosciamo poco, come ricorda Guido Giubbini, appassionato
cultore e collezionista di farfalle, in un articolo di questo numero
di Rosanova. Non so se approvi la concentrazione di centinaia di lepidotteri
dentro serre e pavillon (ricalca la logica dello zoo o del circo, ovvero
tenere gli animali in cattività per il diletto degli uomini),
però rilancio il suo invito: prenderci il tempo di osservare la
traiettoria del loro volo, la differenza dei colori sui due lati delle
ali o il corteggiamento. Scopriremo che non sono soltanto ornamenti,
ma universi a sé con leggi proprie.
In un altro articolo sul restauro di due orti conventuali, quello di
Notre Dame d'Orsan in Francia e quello di Santa Croce di
Gerusalemme a Roma, Guido Giubbini lancia invece una provocazione
interessante. L'autore si chiede se qualche femminista colta abbia mai
studiato l'estrema modernità dell'ordine
di Fontevrault fondato nel 1100, aperto alle donne, anche vedove
o divorziate, e i cui monasteri erano guidati dalle badesse, vere pioniere
dell'emancipazione
femminile. Colgo qui l'occasione per ricordare che di femministe colte
ce ne sono e che numerose si sono occupate di monache, rivoluzionarie
nella dottrina e nell'esercizio della fede.
La prima a intuire un collegamento
tra libertà e mistica femminile, quasi un'anticipazione del
pensiero della differenza di genere, fu Carla Lonzi negli anni Settanta,
rileggendo Teresa d'Avila e Teresa di Lisieux. Successivamente Luisa
Muraro, filosofa e fondatrice della Comunità filosofica Diotima,
che nel suo Il Dio delle donne ci fa scoprire il pensiero
e le parole di Margherita Parete, la mistica bruciata per eresia nel
1310 in una
piazza di Parigi. In un libro precedente, Guglielma e Maifreda, Storia
di un'eresia femminista, sempre la Muraro ricostruisce le vicende di
due religiose del XIII secolo, in base agli atti del processo condotto
dall'Inquisizione. Dunque, le badesse meritano davvero di essere conosciute,
come gli orti in cui recitavano le loro preghiere.
Ancora all'insegna della memoria, in questo numero troviamo un toccante
omaggio a un antico patrimonio di famiglia, il giardino di casa Filipello,
dimora storica con vista sul Monferrato e le Alpi, che rivive in questi
giorni una nuova stagione.
Interessante, poi, la ricostruzione delle vicissitudini del più ampio
roofgarden d'Europa, seimila metri quadrati con tre giardini tematici
e un vivaio, inaugurato nel 1938. Si trova a Londra, sulla sommità di
un edificio di sei piani, all'epoca sede del grande magazzino Derry & Toms
e negli anni Settanta di Biba, memorabile marchio di abiti e gadget della
Swinging London.
Dopo diversi interventi che lo hanno snaturato, il giardino è tornato
agli antichi splendori, come l'aveva realizzato Ralph Hancock, uno dei
primi progettisti specializzati in giardini pensili. Infine l'architetto
Renata Giovanardi ci fa riscoprire il fascino discreto e modernissimo
delle opere di Carlo Scarpa attraverso la descrizione della biblioteca
veneziana Querini Stampalia e del Cimitero Brion a San Vito di Altivole.
Due esempi in cui l'acqua, elemento imprescindibile per Scarpa,
e il giardino si fondono con estrema eleganza e funzionalità.