deriva,
con ardito ossimoro, il suo libero topiario.
E un progettista inglese, Dan Pearson, è costretto
invece a cimentarsi a Torrecchia (Latina) con un ambiente mediterraneo
anche se di collina. Maurizio Usai, già autore su questa rivista
di un articolo su Ninfa, guarda al giardino di Torrecchia,
che pure è cresciuto
intorno ad un nucleo di rovine, per coglierne l'originalità sia
di impianto sia di scelta delle singole essenze.
I due articoli che Guido Giubbini dedica o Villa Lante o Bagnaia riportano
invece alla storia e arte del giardino. L'uno, con il divertente titolo "I
gamberi di Bagnaia", rivendica l'ideazione e la creazione di
uno dei primi giardini "moderni" del Rinascimento al cardinale
Giovan Francesco Gambara che ne testimonia la proprietà moltiplicando
l'immagine della propria casata, il gambero appunto, sulle pareti, sui
cornicioni, sulle fontane, nella catena d'acqua. Il secondo, illustrato
dalle suggestive fotografie di Francesca De Col Tana, riguarda il giardino
vero e proprio di Bagnaia come esempio di giardino "aperto",
di giardino cioè il cui andamento coincide con un percorso d'acqua
intorno a cui ruotano le varie aiuole, il frutteto, il barco. Se le forme
architettoniche sono le stesse dagli anni dello sua fondazione, quelle
vegetali, soggette ai cicli naturali di nascita, sviluppo e morte, sono
per definizione mutevoli e deperibili. Per evitare la diffusa opinione
che il giardino attuale sia lo stesso di cinque secoli fa, l'articolo
analizza le varie riproduzioni a stampa che, data l'importanza del giardino,
si sono susseguite nel tempo. Dalla lettura emergono le differenze
di impianti, di scelta di essenze, le loro associazioni e le modalità di
coltivazione e con ciò le persistenze e i cambiamenti del
gusto e delle mode. Mutamenti appassionanti come, se non di più,
di quelle delle mode attuali.
L'elogio dell'oleandro espresso da Harold Hillier è una buona
occasione per Gian Lupo Osti per ricordare la bellezza dell'oleandro
nelle nostre città e nei nostri giardini, se ben curati, ma soprattutto
per citare alcuni esempi di oleandri al naturale in luoghi sacri
come Olimpia, di selvaggia bellezza, come sul Meandro in Turchia o in
Calabria o in Corsica o in Sardegna. Ma l'elogio migliore, anche
se non credo da seguire alla lettera, è quello di un figlio di
Osti ancora ragazzino che mangia, mi pare indenne, il fiore dell'oleandro!
All'elogio dell'oleandro si aggiunge l'elogio dell'Ingegnere, se si tratta,
come nell'articolo intitolato "La casa del mago", di una specie
di Archimede Pitagorico ottocentesco secondo la definizione di Guido
Giubbini autore dell'articolo. Nella realtà si tratta di William
Amstrong Junior che utilizza i proventi delle proprie invenzioni tecnologiche
nel campo soprattutto dell'idraulica, per trasformare una grande
estensione di terreno pietroso in una lussureggiante abetaia ornata
da cinque laghi. Ma anche la costruzione della sua nuova casa, affidata
ad un amico architetto, Richard Norman Shaw, sarà dotata di acqua
corrente e di nuove attrezzature per la cucina e sarà poco dopo
(1880) la prima casa al mondo con un'illuminazione elettrica con lampade
ad incandescenza.
E il giardino? Roccioso naturalmente, ricavato sul pendio di massi che
regge la casa. Inoltre prati, distese di erbe naturali percorsi
da ruscelli come sulle Dolomiti e pascoli e boschi e radure fiorite.
Nell'insieme
una vera magia.