di Marta Matteini |
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Questo numero possiede più di altri alcune riflessioni di fondo sul rapporto tra esseri umani e natura, su come viverlo e come esprimerlo. Nell'articolo "Un prato di dodicimila anni" di Guido Giubbini, si legge: "In attesa che un grande scrittore ci elargisca un modello linguistico e stilistico di riferimento per la geologia e la botanica e il mondo della natura in generale, dobbiamo arrangiarci come possiamo". |
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E' bastata
questa frase per farmi tornare a Walden, ovvero la vita nei boschi di
David Henry Thoreau, pubblicato negli Stati Uniti nel 1854. Eletto
a manifesto di una certa controcultura americana oltre un secolo più tardi, è il
resoconto dei due anni trascorsi dall'autore in una capanna e in totale
solitudine. Se ai tempi dell'università i lunghi paragrafi dedicati
alla vegetazione di quel bosco del Massachusetts mi erano sembrati
pedanti, adesso li considero un buon esempio di letteratura "ecologica" che
celebra i cicli, i tempi e le infinite voci della natura. L'articolo
sulle pozzine corse, comunque, non è da meno. La formazione
di questi "pozzi alpini" è presentata come una narrazione
in cui foglie, radici, acqua e torba sembrano attori che si muovono
indisturbati in uno scenario spettacolare, tuttora intatto. |